Miti leghisti al tramonto

Insicuri a casa loro

di Cristiano Doni, treKartista

27 / 8 / 2010

Uno che se la sta passando davvero male dopo gli scontri alla Berghem Fest di Alzano Lombardo di mercoledì sera è sicuramente il rag. Daniele Belotti, assessore regionale leghista al Territorio che, come precisa lui stesso, ha frequentato la curva nord dell’Atalanta per ben trentacinque anni. La dedizione al tifo nerazzurro era stata del resto dimostrata già nel gennaio scorso quando il ragioniere, evidentemente non molto ferrato in informatica, aveva lasciato la sua firma digitale sul file di testo inviato da una mail anonima alle redazioni dei giornali e contenente il comunicato della stessa curva dopo un presidio piuttosto incazzato all’esterno della questura di Bergamo. Scoperto da qualche giornalista più sveglio di lui all’epoca il Belotti se l’era rivendicata, malgrado il comunicato contenesse frasi minacciose al questore, sostenendo che si era limitato a correggere il testo per attaccamento alla squadra in difficoltà, una situazione che richiedeva l’impegno e l’unità di tutti [sic]. Stavolta però proprio la sua intraprendenza nel ruolo del leghista padan-pop, “di curva e di governo”, ha creato le condizioni per la più grossa e dura contestazione che la Lega abbia mai subito nei “suoi” territori, con tre ministri che pensavano di andare alla sagra del paese per ricevere l'abbraccio dei propri elettori e hanno invece innescato una guerriglia urbana tra tavolate di famiglie in infradito e bermuda. Come direbbe Hank, lo sbirro di Breaking Bad, è la giustizia poetica… and I love it! Quindi se Belotti se la passa male non è solo perché, come dichiara, non metterà più piede alla Nord.

La Berghem Fest non è altro che un paio di tensostrutture montate nel parcheggio esterno della piscina di Alzano - paesone a cinque chilometri da Bergamo -, polenta e salamelle, il gazebo dei gadget e tutta la tappezzeria di bandiere e striscioni padani. Considerato che in zona è la festa estiva più importante della Lega ci si aspetterebbe qualcosa di più. Sarà la crisi. Comunque i leghisti locali non si son fatti mancare i “big”: venerdì il comizio di Bossi, mentre mercoledì ci si aspettava il clou con un’intera batteria di ministri. Calderoli, Maroni e il jolly Tremonti, reduci dal vertice del pomeriggio con Berlusconi per tentare di salvare il culo al governo, avrebbero esaltato la platea orobica promettendo lealtà al Berlusca per l’onore del nord ma soprattutto per continuare a fare gli interessi più sordidi di questa vandea postfordista. In proposito Tremonti si era preparato un succoso intervento sui lussi che non ci possiamo più permettere con la crisi, primo tra tutti la legge 626 sulla sicurezza sul lavoro, e sulla necessità di imparare dalla Cina in campi come questo. Nel casino che è seguito è passato un po’ sottotono. Peccato, oltre che un gran pezzo splatter in un contesto simile era praticamente una svolta interculturale.

Nel frattempo il nostro rag. Belotti, nasato che a inizio campionato la presenza del suo compagno di partito promotore della tessera del tifoso poteva creare qualche attrito con una delle tifoserie più incazzate e organizzate d’Italia – la festa della Dea che gli ultras della nord promuovono a giugno è almeno sei volte più grande di quella della Lega –, tramacciava da giorni per trasformare l’annunciata contestazione in un capolavoro di cerchiobottismo: Maroni avrebbe ricevuto tre esponenti dei contestatori che avrebbero rappresentato le istanze del mondo ultrà. Tre petardi, qualche fumogeno e poi via tutti a farsi di polenta e salamelle. Per la cronaca: chi scrive nel pomeriggio aveva ricevuto una mail di invito alla contestazione dai toni piuttosto pacati che, assieme a un paio di telefonate, sostanzialmente confermava l’idea che le cose sarebbero andate in maniera decisamente soft. Evidentemente qualcosa è andato storto, o meglio gli ultrà, di cui si sbaglia di grosso a sottovalutare l’intelligenza e a non voler comprendere la peculiarità delle dinamiche, hanno evidentemente fatto capire ai leghisti e al Belotti che il trucchetto di far finta di essere del volgo assumendone il gergo più rozzo e alimentandone i peggiori istinti per poi vivere da prìncipi, alla lunga non paga e può diventare persino pericoloso. Detto in altre parole, e come ampiamente sperimentato da vari pezzi di “sinistra”, è vevamente difficile esseve di lotta e di govevno…

Il resto è cronaca e il seguito son perle di involontaria comicità tra cui spicca l’intervista rilasciata da Calderoli in cui, forse dimentico del fatto di essere là col suo compagno di partito che casualmente è anche ministro dell’Interno, afferma “mi dicono che eravamo tutelati ma non ne sono così sicuro”. E forse qui sta il punto più interessante della vicenda perché al di là delle dichiarazioni di rito tipo “questi non sono tifosi” (Maroni, il vescovo, il sindaco e la signora Pina, tifosa ottantenne di Seriate) e della solidarietà di Tizio e Caio, quel che conta sono piuttosto le reazioni scomposte dei leghisti “pane e salame” come lo stesso Calderoli. “Questa gente va presa a martellate in testa”, ovvero: come cazzo è possibile che tutto questo sia potuto accadere alla nostra festa, tra la nostra gente, nel nostro territorio in cui comandiamo tutto? Hai voglia a tentare di rimarginare la ferita come fa il presidente leghista della Provincia, che riduce a duecento il numero dei contestatori, parla di frange politicizzate - quando è noto a tutti che le Brigate Nerazzurre, il gruppo di sinistra della curva, è esodato dallo stadio da qualche anno e non avrebbe potuto e/o voluto mettere piede a un’iniziativa del gruppo unico della Nord che, a sua volta, si guarda bene dal farsi incasellare e semmai teneva rapporti di interesse con Belotti – e infine fa intendere che il capro espiatorio, oltre a chi viene arrestato in queste ore, sarà il questore stesso. Calderoli e quelli come lui sanno bene di aver fatto fortuna con slogan del tipo “padroni a casa nostra” e inneggiando all’autodifesa, di aver promosso ronde per qualsiasi cazzata e di averle persino finanziate. Hai voglia adesso a riempirti la bocca di “popolo pronto a prendere le armi” e di “fucili ben oliati” se poi non sei nemmeno capace di organizzarti un servizio d’ordine e il tuo ministro che comanda la polizia si dimostra una volta di più un incapace (dal loro punto di vista ovviamente).

E’ probabile che il rag. Belotti in queste ore stia pensando a un tipico detto da cacciatori usato da queste parti, l'é 'ndàcia la quàia, per significare che si è persa un’occasione, la quaglia è andata. Insomma, l’augurio è sommesso e privo di trionfalismo, e può darsi che effettivamente cinquecento tifosi della curva dell’Atalanta non siano un campione rappresentativo della società (e chi lo è al giorno d’oggi?), però quanto accaduto l’altra sera potrebbe rivelarsi un buon auspicio per chi ha in odio i razzisti padani e vedrebbe volentieri crollare il castello di sabbia della mitologia leghista. Il primo di questi miti, quello dell’intoccabilità a cui solo pochi e generosi antirazzisti si sono rifiutati negli anni di credere contestando con l’azione diretta le iniziative più becere del partito di Bossi, ha subìto stavolta un duro colpo proprio tra le sue mura. E forse non è azzardato pensare che se, come è probabile, tra quei cinquecento vi era anche qualcuno di quei famosi operai che in massa hanno votato Lega negli ultimi anni, forse anche un altro mito, ben più sostanziale com’è quello del consenso leghista nel nord, può iniziare a vacillare. Sarebbe una buona notizia in vista di probabili elezioni ma soprattutto di un autunno che si presenta con le sparate di Marchionne alla Jason “Jay” Gould e che, nello specifico di questo territorio, presenterà il conto di tre anni di cassa integrazione straordinaria e di scelte economiche del governo (e della Lega) tutte tese a salvaguardare solo una parte di quel consenso, quello della popolazione più ricca fatta di padroni e padroncini che qui prosperano sul lavoro sottopagato e precario di decine di migliaia di giovani e di immigrati, sull’evasione fiscale e sulla rendita finanziaria parassitaria.