Sabato
18 agosto avrebbe dovuto essere la seconda giornata delle nostre vacanze per me
e Giustina, la mia compagna.
Assieme ad altre persone, ci si è organizzati per fare una passeggiata in
Clarea: un pò per immergersi in quei magnifici boschi, un pò per osservare a
distanza di sicurezza gli animali chiusi dentro lo zoo chiamato cantiere.
Molti partono a piedi dal campeggio, mentre tre auto partono per prendere il
sentiero che prende avvio da Giaglione.
Lungo la strada, passando per Susa, l'ultima vettura della nostra
micro-carovana viene fermata per un controllo: forse la più visibile tra le
tre, se non altro per i suoi componenti. Tutti giovani e abbigliati in maniera
comoda, mentre nelle due auto davanti c'erano bambini e chi non è più troppo
giovane anagraficamente.
Decidiamo comunque di fermarci, a portare solidarietà ed accertarsi che non
avvenga nulla di anomalo. La regola è sempre quella: si parte e si torna
assieme.
Sembra che stia andando tutto regolare: non c'è nulla da segnalare nei loro
confronti, e come di prassi chiedono i documenti anche a noi che ci siamo
avvicinati.
"Due minuti e finisce tutto".
Parole del maresciallo dei Carabinieri che ci aveva fermato.
Ma purtroppo il mio documento fa perdere troppi minuti.
"Risulta in sospeso un atto di
notifica per lei".
Comincia lo spettacolo che vede contrapporsi Carabinieri e Polizia di stato per
la consegna della notifica, con noi in impotenti spettatori.
Si cerca di fare di tutto per rendere effettiva la consegna dell'atto alla
caserma di Susa: al maresciallo non piace l'idea di scortarmi fino alla
questura di Torino. Ma la Polizia insiste: devono notificare loro l'atto. Si
mette di mezzo anche il capitano dei Carabinieri di Susa, il quale però riesce
solo a trattare per una mediazione: la consegna avverrà alla questura di
Rivoli. Una via di mezzo tra Torino e il comune dove mi hanno fermato. Susa.
Lungo il tragitto il maresciallo si confida.
"Non ne posso più di questa valle.
Per fortuna che non dobbiamo andare fino a Torino, ma poi anche tu... ma chi te
lo ha fatto fare di avvicinarti all'auto? Non te ne potevi stare tranquillo ad
aspettare più in là? Ora dobbiamo gestirci tutto questo casino. Poi sembri un
bravo ragazzo: non ha la faccia da testa di cazzo..."
Grazie, ma a sapere che c'era una notifica per me, di sicuro non mi avvicinavo
all'auto fermata.
Comincia il pronostico sulle possibilità del contenuto dell'atto. La Polizia
non ha voluto dire ai Carabinieri di che si tratti. Si va dall'avviso orale al
foglio di via. Tutto può essere, ma con l'aria che tira in questi tempi non c'è
molto da sperare.
Il giorno prima il giornale titolava: 35
fogli di via per i fatti del treno delle scorie nucleari.
Quella notte, il 24 luglio, passava un treno carico di scorie diretto verso la
Francia, transitante per la stazione di Bussoleno, comune a due fermate di
treno da Chiomonte. Per la mezzanotte era previsto un presidio No Nuke fuori
dalla stazione. Dal campeggio c'è chi ci arriva in auto, chi in treno.
Io sono tra quelli che vanno in treno. Lo stesso maledetto treno che si vedrà
bloccato alla stazione di Bussoleno, con 115 persone tra attivisti e
passeggeri comuni dentro, e fuori centinaia e centinaia di poliziotti in
assetto antisommossa e atteggiamento molto poco amichevole. Casco calato,
fazzoletto alzato, mano al manganello e scudo pronto. Chi aveva la vista lunga
ha notato un adesivo che copriva il numero di identificazione sul petto.
Ostaggi per quattro ore e mezza, fino a quando non è arrivata una delegazione
di valligiani, avvocati e un ex parlamentare a controllare che
l'identificazione si svolgesse senza casini. Io non ho paura a negare il mio
ruolo dentro quel treno. Mio malgrado, mi sono trovato a gestire le
comunicazioni con Radio Black Out e i compagni della valle, mentre altri
ragazzi gestivano improvvisate trattative con la Digos per uscire da quella
situazione, peggiorata dal fatto che non c'era nessun valligiano a bordo.
Ma si arriva alla questura di Rivoli, dove avviene una piccola nota di colore,
che mi fa capire quanto sono stato fortunato ad essere stato fermato dai
Carabinieri e non dalla Polizia. Saliti al primo piano del palazzo, scortato da
due marescialli dell'Arma, mi presentano al comandante in servizio al momento.
C'è da attendere che arrivi l'ufficiale di Polizia giudiziaria, ma intanto i Carabinieri
fanno registrare il mio arrivo in questura.
"A che riguardo di preciso? Non è
chiara la situazione: noi abbiamo preparato la stanza..."
Ci sono due secondi di lunghissimo silenzio. Un improvviso brivido mi gela.
Il maresciallo spacca quella tormentata pausa. "Ma quale stanza? Qui c'è solo da notificare un atto!"
La situazione ritorna all'assurda normalità.
Il maresciallo tranquillizza me e Giustina, che mi aveva accompagnato lungo tutto
il percorso fin dentro le stanze della questura: "Ora arriva l'ufficiale della Digos. Vi consegna la notifica e tutto
finisce. Solo che davvero non so dirvi cosa c'è in quell’atto."
Ma come previsto c'è poco da sperare. Foglio di via della durata di due anni
dai comuni di: Avigliana, Bussoleno, Chiomonte, Exilles, Gravere, Giaglione e
Susa.
I motivi sono vaghi, e a tratti esilaranti.
Risulta che insieme ad altri facinorosi manifestatamene appartenenti all'area
di contestazione o anarco-insurrezionalista o marxista-disobbendiente, nelle
prime ore del 24 corrente luglio prendevo quel famoso treno per Bussoleno. Si
dice in più che prima che il treno entrasse in stazione, gli occupanti ne
arrestavano la corsa mediante l'azionamento del freno di emergenza. Io mi
ricordavo che a fermare il treno, e ad impedire che ripartisse, fossero
centinaia di poliziotti che gradivano la nostra compagnia in stazione.
Mi si accusa di campeggiare in luoghi dalla dubbia fama e scegliermi compagni
di viaggio poco raccomandabili e che questo, unito al fatto che nei paesi
indicati nel foglio di via, non svolgo alcuna stabile attività lavorativa, non
ho residenza, o legami famigliari o nessun interesse dichiarato rilevante, fa
di me una persona pericolosa per la società.
Ora vorrei soffermarmi sulla mia effettiva pericolosità sociale.
Sono uno scrittore, ho scritto A Riot Of My
Own, un romanzo sugli anni '70 e gli esiliati italiani a Parigi, composto
assieme a uno degli esuli, Pantaleo Elicio, che ho presentato anche al
campeggio No Tav verso fine luglio. Il mio prossimo romanzo sarà sulla lotta No
Tav. Oltre a questo, sto scrivendo una tesi di laurea sul movimento No Tav e
sul suo uso di Internet a fini organizzativi e di contro-informazione, sotto la
direzione dell'università di Parigi 8.
Se si tiene conto di questi fatti, la faccenda risulta chiara. Sono pericoloso,
pericolosissimo. Perché un ragazzo che lancia pietre loro se lo riescono a
gestire, non sanno invece gestirsi chi invece scrive di chi tira le pietre. A
lui non puoi sparare lacrimogeni o puntarlo con l'idrante quando è sotto le
reti: uno scrittore non è facilmente identificabile come uno con una
videocamera o una macchina fotografica in mano.
Mi hanno atteso al varco, quando la situazione era tranquilla per prendermi e
mandarmi via dai coglioni. Io per il mio lavoro ho bisogno di essere sul campo,
per avere accesso diretto alle fonti, con questo atto sperano di tagliarmi le
gambe e farmi ripiegare a scrivere le mie opere tramite la lettura di
comunicati, come fanno i giornalisti del Tg1 o della Stampa. Ma questo non è la
mia modalità di lavoro.
Per tanto, dico chiaramente che non sarà un pezzo di carta a tenere lontano me
e Giustina da una valle dove lasciamo il cuore, oltre che concentrare le nostre
passioni in compagnia delle persone più splendide che abbiamo mai incontrato. I
No Tav,
A l'è düra!
Stefano Dorigo
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