I luoghi in cui il lavoro e la persona non son degni di rispetto.

Frammento di precarietà.

Una storia vera.

17 / 6 / 2011

Ho nome e cognome latini e preparazione umanistica, ma non prettamente.

Ho 28 anni, ma ancora per qualche settimana.
Non ho figli né figlie...
Né un compagno o una compagna con cui condividere la mia vita.
Oggi sono precaria nella vita e nel lavoro.
Oggi sono precaria nella ricerca sociale.
Domani sarò di nuovo disoccupata.
Scade oggi il mio contratto di stage per il cui rinnovo ho rincorso persone
proposto progetti che non sono stati nemmeno sfogliati
udito ipotizzare di borse, di assegni, di progetti, tutti di ricerca*
scritto documenti che sono stati letti in fretta
sentito parlare di possibilità future, le stesse di mesi e mesi fa
telefonato a segreterie dove lo squillo riecheggiava solitario
chiamato cellulari che risultavano sempre spenti
mandato email rimaste senza risposta con allegati rimasti appesi
contattato centralini i cui centralinisti mi dicevano che quella persona "'so mesi che nu la vedemo!"
e poi
poi sono stata umiliata e offesa.
Ho scoperto che il ministro Brunetta non è l'unico a considerare nullità i precari.
Direi che è in buona compagnia di certi professoroni, presidenti di corsi, dinosauri della ricerca e mummie dell'università, ma anche docentucci e tirapiedi
tutte persone che pretendono prostrazioni, assensi muti e sudditanza
criticano il criticabile e non
fanno domande per loro retoriche
fanno affermazione che sono dogmi e alle quali non si può rispondere
si irritano terribilmente se invece ricevono risposte
soprattutto se sono critiche e fondate
si sentono in diritto di insultare gratuitamente
si sentono così grandi da poter trattare l'altro come una nullità
si sentono nella posizione di umiliare, mortificare, sminuire, infangare
si sentono in potere di minacciare perché pensano di poter decidere della tua carriera
si fanno grandi togliendo la dignità e mancando di il rispetto al loro interlocutore.
Oggi mi è stato chiesto di umiliare me stessa,
di non rispondere dicendo ciò che pensavo,
di piegarmi alle volontà, ai tempi, alle disponibilità, ai desiderata di chi aveva il potere della firma
di implorare un rinnovo,
di ringraziare per un lavoro gratuito, non per loro che addirittura mi pagavano l'assicurazione,
di essere grata anche per il mio CV che poteva diventare più competitivo,
di pormi con toni servili, affettati, ipocritamente ossequiosi,
di scusarmi per le mie richieste,
di pregare per un sì, per una firma.
Ho pianto lacrime dolorose di rabbia e rancore per così tanta umiliazione della mia dignità, di persona, di precaria, di ricercatrice, di professionista.
Ma solo dopo aver fatto risuonare nella cornetta del telefono la mia voce, le mie risposte, la mia critica aspra, la mia determinazione nel difendere me stessa e, con me, la mia dignità e il rispetto che provo nei miei confronti quando mi specchio nei miei stessi occhi.
Non ci sono condizioni alle quali mi piegherei se queste compromettono il valore di me stessa quale individuo indisponibile e meritevole di rispetto.
Non c'è nulla che valga la mia dignità.
E questo, signori, è il meglio di questo Paese.

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*forse intendevano ricerca di assegni, di borse, di...

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