Il caso della francese Cassez condannata a 60 per (presunto) sequestro di persona

Florence Cassez e la (in)giustizia messicana (1/2)

La guerra Francia-Messico su Florence

11 / 1 / 2012

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Non c’è dubbio che una condanna a 60 anni di prigione equivalga praticamente a un ergastolo. E’ la pena che dall’8 dicembre 2005, giorno del suo arresto a Città del Messico, ha cominciato a scontare, presso due istituti penitenziari di questa megalopoli, la cittadina francese Florence Marie Louise Cassez Crepin, nata il 7 novembre 1974 a Lille, nel Nord della Francia. Il nome di Florence Cassez è ormai famoso in terra azteca, così come nel suo paese d’origine, ma anche in mezza Europa e in Canada, soprattutto nei territori francofoni, dove sono nati dei comitati in suo sostegno che denunciano la “fabbrica dei colpevoli” costruita dai giudici e dai politici messicani. La ragazza è da anni al centro di un caso mediatico e giudiziario che è arrivato a mobilitare sia la società francese che quella messicana, divise tra innocentisti, giustizialisti e dubbiosi. Perfino le tortuose strade della diplomazia e le alte sfere della politica sono state coinvolte a vari livelli e si sono impantanate nelle trame e negli interessi di due presidenti, sempre in cerca di astuzie elettoralistiche, e di un ambizioso poliziotto messicano, oggi diventato Ministro, che hanno reso il caso Cassez sempre più contorto.

Infatti, l’attenzione di stampa, internet e Tv è cresciuta progressivamente visto anche l’interessamento diretto del Presidente Nicolas Sarkozy, a partire dalla sua visita in Messico nel marzo 2009, e di numerosi esponenti politici della destra (UMP, Union pour un Mouvement Popoulaire) e della sinistra (PS, Parti Socialiste) francesi, unite all’occorrenza da una sorta di “umanitarismo nazionalista” bipartisan contro il sistema giudiziario del paese americano.

A sua volta il Presidente messicano Felipe Calderón, insieme al suo Ministro della Pubblica Sicurezza, l’intoccabile e controverso Genaro García Luna (l’ex poliziotto di cui sopra), non hanno risparmiato energie per riproporre un revanscismo anticolonialista ai limiti del ridicolo, soprattutto se si considera l’esigua credibilità e legittimità interne dei due personaggi menzionati e lo situazione deplorevole dello “stato di diritto” (e non solo di quello) nel paese.

L’arrivo della tanto decantata democrazia in Messico, sancito dall’alternanza al potere con la vittoria nel 2000 del conservatore Vicente Fox del PAN (Partido Acción Nacional) sull’egemonico PRI (Partido Revolucionario Institucional), partito al governo nei precedenti 70 anni, fu gravido di attese e speranze, in buona parte ad oggi disattese, e non è stato ancora accompagnato da quel mix istituzionale e culturale che apre le porte allo sviluppo della partecipazione reale della società civile alla vita democratica, tant’è che il regime ha ancora intere “legioni di scheletri” nascosti nell’armadio e, irrimediabilmente, anche nelle sue carceri.

E non si tratta solo di eredità del passato ma di nuovi mostri generati dalle enormi disuguaglianze economiche, dallo scarso rispetto dei diritti umani, dalla perdita di controllo statale in favore della criminalità organizzata, dalle mentalità autoritarie e le logiche di potere, così come dalla generalizzata frammentazione delle istituzioni e della società: il tutto in un’epoca di escalation della violenza e delle strategie repressive e militari volte al suo improbabile contenimento nel contesto della “narcoguerra”.

Ma quali sono i dettagli, le incoerenze e le certezze nello strano caso di Florence Cassez? E’ una vicenda che da anni polarizza governi e società sulle due sponde dell’Atlantico, ma in Italia è quasi sconosciuta. Partiamo dalla cronologia degli eventi per chiarire i fatti e capirci qualcosa di più, forse.

2 luglio 2000. Vicente Fox è il vincitore delle elezioni presidenziali in Messico e promette il grande cambio di rotta che meriterebbe il paese.

13 giugno 2001. Primo rapimento attribuito alla banda Los Zodiaco di cui, in seguito, Florence Cassez e Israel Vallarta, suo ex fidanzato, vengono accusati di far parte. Anzi, verranno indicati come i capi.

11 marzo 2003. Florence Cassez si trasferisce in Messico all’età di 28 anni e raggiunge suo fratello Sèbastien che lì ha avviato diverse attività imprenditoriali. Ottiene dapprima un visto turistico e poi un permesso annuale di lavoro (la famosa Forma Migratoria FM3) che le serve per prestare servizio nelle aziende “Marketing and Technologys Imported” e “Servi Bosque”.

Agosto 2004. La francese conosce Israel Vallarta che si occupa del commercio di auto usate e in passato aveva lavorato con suo fratello Sèbastien.

Ottobre 2004. Comincia l’affaire sentimentale tra i due.

Febbraio 2005. Florence da mesi collabora con varie attività del fratello e poi comincia a lavorare presso uno studio di architetti come decoratrice di interni.

15 luglio 2005. Scade il contratto d’affitto, della durata di un anno, dell’appartamento in cui Florence viveva con un’amica nella zona “Roma”, nel centro-sud della capitale messicana.
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22 luglio 2005. Florence Cassez rompe la relazione con Vallarta, incrinata già da vari mesi, e torna in Francia. Israel le offre comunque la possibilità di spostare i suoi mobili dall’appartamento appena lasciato e sistemarli temporaneamente nel ranch “Las Chinitas” che ha in affitto da alcuni anni (ed è intenzionato ad acquistare). Il patto è che se lei non dovesse ritornare in Messico, lui avrebbe il permesso di venderli. Florence parte quindi per la Francia e passa l’estate con la sua famiglia.

31 agosto 2005. Valeria, una studentessa diciottenne di Città del Messico, è rapita dalla banda Los Zodiaco e viene liberata il 5 settembre dopo il pagamento del riscatto di circa 10mila euro (180mila pesos messicani).

9 settembre 2005. Florence prende l’aereo di ritorno per il Messico. Malgrado la separazione avvenuta con Israel Vallarta, la francese, una volta tornata a Città del Messico, continua a vivere “come ospite” nel ranch “Las Chinitas” finché non decide, alcune settimane dopo, di cambiare casa.

Vallarta e Florence Cassez s’incontrano, come pattuito, la mattina dell’8 dicembre per fare il trasloco, ma vengono bloccati sulla camionetta di proprietà di Israel Vallarta e arrestati. Dopo una giornata di prigionia separati, saranno poi condotti insieme, circa 20 ore dopo, al ranch di lui e lì saranno protagonisti di un vero e proprio reality show della polizia che simulerà e reinventerà la loro cattura di fronte alle telecamere.

13 settembre 2005. Prima dichiarazione al Pubblico Ministero da parte di Valeria.

4 ottobre 2005. Data del sequestro del ventunenne Ezequiel Elizalde Flores, secondo quanto dichiarato dai suoi familiari.

19 ottobre 2005. Rapimento della famiglia Ríos Valladares formata dalla signora Cristina, da suo marito Raúl (subito rilasciato per permettergli di raccogliere il denaro per il riscatto) e dal loro figlio undicenne Christian.

6 novembre 2005. Florence viene assunta nell’hotel Fiesta Americana della zona altolocata di Polanco. Decide di prendere in affitto un altro appartamento in un quartiere limitrofo, la Zona Rosa, in cui si sarebbe trasferita con tutti i suoi mobili l’8 dicembre.

Metà novembre 2005. I familiari degli ostaggi, cioèdi Ezequiel Elizalde, da una parte, e di Cristina e Christian, dall’altra, smettono di ricevere chiamate telefoniche dai rapitori.

Fine novembre 2005. Enrique Elizalde, padre di Ezequiel, avvisa la polizia del rapimento di suo figlio avvenuto il 4 ottobre.

4 dicembre 2005. Valeria, la diciottenne vittima di rapimento in settembre, fa un ampliamento della dichiarazione alle autorità in cui dice di riconoscere come “capo banda” Israel Vallarta, l’ex compagno di Florence. Nella prima dichiarazione, per paura di parlare (secondo quanto afferma lei stessa), non fa menzione del fatto che durante la prigionia avrebbe intravisto da uno specchio collocato nella sua stanza il volto di uno dei suoi rapitori (in seguito identificato per l’appunto come Israel Vallarta).

Nei mesi di novembre e dicembre una volante effettua delle perlustrazioni in zone limitrofe a quelle in cui si ritiene sia stata imprigionata Valeria. Durante uno di questi la ragazza riconosce Israel Vallarta che viene pedinato dalla polizia nei giorni successivi. In alcune fotografie che le vengono mostrate, Valeria riconosce altresì i fratelli Marco Antonio e José Fernando Rueda Cacho, due estranei che aveva già visto perché s’erano introdotti alla sua festa di compleanno. Questi due ragazzi vengono riconosciuti anche da altre vittime di rapimenti attribuiti ai “Los Zodiaco”, però questa pista è abbandonata inspiegabilmente dagli inquirenti.

8 dicembre 2005. Arresto all’alba di Florence Cassez e Israel Vallarta, presunti sequestratori della banda Los Zodiaco. Florence la notte prima ha dormito in centro, nel suo nuovo appartamento. I due s’incontrano la mattina nel sud della megalopoli, sulla strada per Cuernavaca, precisamente al ristorante della signora Alma Delia Morales. Suo marito, Ángel Olmos, è responsabile della pulizia e manutenzione proprio del rancho di Vallarta, da tempo ne ha le chiavi in custodia e, nei giorni precedenti, per l’esattezza il 5 dicembre, non nota movimenti sospetti, tantomeno persone sequestrate nel medesimo. E questo dichiara alla polizia, seguito da sua moglie la quale conferma le informazioni e la versione del coniuge, poi scartata o forse “ignorata” dal giudice.

9 dicembre 2005. Avviene una messa in scena televisiva di alcuni agenti di polizia della AFI(Agencia Federal de Investigaciones), un’agenzia investigativa all’epoca sotto il comando di Genaro García Luna, un funzionario più volte segnalato da vari funzionari e giornalisti (http://youtu.be/gbH8UB4wKnU), per esempio Anabel Hernandez, autrice de “I signori del narco”, come l’uomo di riferimento o il “protettore” del Cartello dei narcos di Sinaloa dentro la polizia e, poi, nelle alte sfere del governo messicano (lo stesso García Luna è stato “promosso” Ministro dal Presidente Calderón alla fine del 2006).

La AFI si mette d’accordo con il secondo canale di TeleVisa (in Messico c’è un duopolio televisivo privato per cui TV Azteca e Televisa si spartiscono il grosso del mercato), e, giusto in tempo per i primi notiziari della mattina, crea ex novo il momento della cattura dei rapitori con la connessa liberazione degli ostaggi nel rancho “Las Chinitas”. Il reporter Pablo Reinah fa come se niente fosse e stabilisce il collegamento in diretta con lo studio interloquendo con il conduttore del programma “Primero Noticias”, Carlos Loret de Mola. Si fa un po’ di promozione alle mirabolanti azioni della polizia in difesa dei cittadini colpiti dalla paura e dalla violenza in cambio di una buona diretta televisiva per la conquista dello share mattutino.

Il podere appartiene a Israel Vallarta e si trova alla periferia sud della capitale, al km 29 della statale che porta a Cuernavaca. Israel viene mostrato in manette mentre Florence è sotto una coperta blu e risponde alle domande del cronista “Che ci fa qui? Sa che ci son tre persone sequestrate?”. “No, non sapevo niente, non lo sapevo”. Per i milioni di telespettatori il caso è chiuso e il Presidente Fox ha mostrato a tutti che sta lottando contro il crimine organizzato. “Il governo federale lavora per la tua sicurezza”, recitano gli spot in radio e TV.

La pericolosa banda, di sole due persone, sembra sgominata. Nel video si notano da subito delle incoerenze: il cancello esterno della proprietà è già aperto; la porta della casetta con le persone rapite è anch’essa già aperta e s’intravedono i piedi di qualcuno, poi la porta si chiude e si vede un walkie talkie professionale per terra; nella stanza c’è già Luis Cárdenas Palomino, responsabile diretto del video-montaggio e braccio destro di García Luna, alto funzionario d’intelligence per la Polizia Federale e accusato di 3 omicidi e altre nefandezze in passato; all’interno ci sono dei quadri con le foto dei presunti rapitori che, però, secondo le dichiarazioni degli ostaggi, avevano sempre il passamontagna (stanno a volto coperto ma poi lasciano foto lì in bella vista?); in una foto c’è addirittura il fratello di Florence ritratto con la sorella 9 anni prima, un indizio che fa pensare a una volontà espressa dell’autorità per danneggiarne l’immagine o implicarlo; Israel Vallarta ha le labbra gonfie e ferite, è quindi stato colpito nelle ore precedenti; anche Florence ha già le manette ai polsi e ha passato le ultime 20 ore rinchiusa in un camioncino della polizia.

La AFI era una specie di FBI messicana con compiti investigativi che è stata sostituita nel 2009 dalla PFM, Policia Federal Ministerial, diretta da Wilfrido Robledo, già noto per le terribili repressioni contro i manifestanti di Atenco nel 2006 e per la sua ostinazione, condivisa pienamente dall’ex governatore e oggi candidato presidenziale del PRI, Enrique Peña Nieto, nel negare le palesi violazioni ai diritti umani commesse durante quella sanguinaria operazione contro la popolazione. Fu chiamata ironicamente “Riscatto”: 2 morti, 207 arresti, violenza inaudita e gratuita della polizia per due giornate intere, il 3 e 4 maggio 2006, con perquisizioni di abitazioni, espulsione immediata di 5 cittadini stranieri, violenze sessuali dentro e fuori dai reclusori, tortura, fabbricazione di prove e colpevoli, sentenze sproporzionate, impunità delle forze dell’ordine e dei responsabili. Un bilancio degno del Cile di Pinochet.

9 dicembre 2005. Dichiarazioni di Israel Vallarta in cui accetta le accuse di sequestro di persona che gli vengono avanzate e, in contraddizione con quanto affermato da Alma e suo marito che lavoravano per lui, dice che da due settimane le vittime erano ostaggi nel suo ranch. La Procura Generale della Repubblica annuncia di aver smantellato la banda di rapitori con almeno 10 sequestri e un omicidio “all’attivo” di cui anche Florence farebbe parte.

Vengono depositate anche le prime dichiarazioni delle vittime: Cristina, suo figlio Christian ed Ezequiel. Cosa dicono?

L’unico che sostiene di riconoscere “una donna sui trent’anni dall’accento straniero con la R moscia” è l’ultimo dei tre, Ezequiel, che è figlio di un sequestratore e viene presumibilmente rapito per un vecchio regolamento di conti tra un membro degli Zodiaco e suo padre. Si può anche ipotizzare che Ezequiel si ritenga, in un primo momento, vittima della stessa polizia, magari alleata con la banda, che lo priva della libertà in cambio di un riscatto o per ritorsione contro suo padre.

5 febbraio 2006. Trasmissione del programma Punto de partida (Punto di partenza) durante il quale si tratta il caso Cassez e la giornalista Denise Maerker intervista il capo della AFI, García Luna, e interviene telefonicamente dalla prigione la stessa Florence che denuncia pubblicamente il poliziotto e la gran montatura. Un atto coraggioso in Messico, dove il potere s’incaponisce e non si lascia mai deridere né contraddire.

10 febbraio 2006. Il Governo messicano deve riconoscere la “pagliacciata” teatrale inscenata per motivi propagandistici e mediatici, avvenuta un giorno dopo l’effettiva cattura di Cassez e Vallarta. Secondo García Luna è “una ricostruzione della scena on demand”, però, fino ad allora, era pure servita come distrattore e mezzo pubblicitario governativo. In realtà non si tratta di una ricostruzione dei fatti per la TV ma di una vera e propria invenzione cinematografica come indicano gli indizi e le testimonianze raccolte nel corso delle indagini.

Durante la giornata e di sera i membri della famiglia Ríos Valladares entrano ed escono più volte dalla sede amministrativa della SIEDO (Subprocuraduría de Investigación Especializada en Delincuencia Organizada, una direzione o procura specializzata nella lotta al crimine organizzato). A una settimana dallo smacco subito dal “super-poliziotto” in TV, ecco che i testimoni-ex-prigionieri cambiano le loro dichiarazioni.

14-15 febbraio 2006. Nella città di San Diego, in California (USA), dapprima il bambino Christian e poi, il giorno dopo, sua madre Cristina Ríos Valladares provvedono a fare un ampliamento della loro prima dichiarazione al PM: entrambi affermano di riconoscere Florence in contraddizione con quanto avevano affermato nelle loro testimonianze ufficiali del 9 dicembre. Ora riconoscono la sua voce, la sua chioma bionda e la sua mano bianca e delicata. Però Florence lavorava a tempo pieno, anche oltre 12 ore al giorno, in un hotel lontanissimo dal ranch, quindi come faceva a occuparsi (in quanto presunta capo-banda) di 3 ostaggi e delle loro necessità?

30 marzo 2006. Compare in udienza Ezequiel Elizalde. Nelle sue testimonianze, ripetute più volte anche ai media, non omette mai un dettaglio: mostra la macchia puntiforme rossiccia sul mignolo della mano sinistra che gli avrebbe provocato la puntura di una siringa. Florence gli avrebbe anestetizzato il dito per amputarglielo, giusto poco prima della tempestiva irruzione dei poliziotti salvatori della AFI. Una perizia medica ufficiale del 12 giugno 2006 stabilisce, però, che quella è una macchia congenita. Inoltre Ezequiel afferma che “l’amputazione” stava per avvenire il 9 dicembre mattina, mentre sappiamo per certo ormai che Florence, quel giorno, è stata imprigionata in una camionetta prima del reality della sua cattura nel ranch. Degli altri 5 delinquenti della banda di cui parla questo testimone-ostaggio non si conosce l’identità e non compaiono in nessun video…

7 giugno 2006. Si presentano all’udienza grazie a un collegamento video sia Christian che la madre Cristina la quale cambia di nuovo le carte in tavola e aggiunge di essere stata violentata durante il periodo di prigionia aggiungendo un elemento, di certo non secondario, che prima semplicemente non esisteva. La stessa giudice, Olga Sánchez Beltrán, esce dalla sala bruscamente, contrariata per quanto le sue orecchie hanno appena sentito.

Nelle prime dichiarazioni il prelievo di un campione di sangue al bambino Christian era stato effettuato da tale “Hilario” mentre ora entra in gioco letteralmente “la mano” di Cassez. Prima non c’era stato “nessun maltrattamento fisico” per gli ostaggi e nemmeno riconoscevano la presenza di Florence, poi hanno dichiarato di ricordarsi di lei e ora, nella terza versione ampliata dei fatti, c’è la violenza sessuale.
chinitasrancho.jpg13 giugno 2006. Cristina Ríos pubblica una lettera sulquotidiano La Jornada confermando le sue accuse contro Florence Cassez e ribadisce che nei 52 giorni di prigionia è stata vittima anche di violenze sessuali.

Luglio 2006. Felipe Calderón Hinojosa (PAN) vince con un margine ristretto le elezioni presidenziali sconfiggendo il rivale della coalizione progressistaAndrés Manuel López Obrador (PRD, Partido Revolución Democrática) che non accetta i risultati e comincia una protesta pacifica a Città del Messico per denunciare i brogli elettorali e chiedere un nuovo conteggio delle schede (che non avverrà).

Agosto 2006. Florence Cassez cambia il suo avvocato: il messicano Jorge Ochoa, fautore di una strategia low profile e discreta con i media, lascia il posto al messicano Agustín Acosta e al francese Mark Berton che, invece, preferisce utilizzare i media per creare consenso sul caso della sua assistita, specialmente dopo che viene emessa la prima sentenza di condanna e molti politici francesi cominciano a muoversi.

Dicembre 2006. Genaro García Luna è nominato Ministro della Pubblica Sicurezza nel governo di Calderón che inizia la cosiddetta “guerra al narcotraffico” dispiegando oltre 20mila soldati nei territorio più caldi. La mancanza di legittimità in seguito a un processo elettorale viziato sin dalla campagna elettorale dovrebbe essere presto dimenticata, nei piani del neo-Presidente, se si ottengono risultati contro le piaghe che affliggono il paese: il crimine organizzato dei cartelli del narcotraffico e dei sequestratori. 5 anni dopo la militarizzazione della lotta alla delinquenza avrebbe provocato un saldo di 50mila morti e l’escalation delle guerra civile o narcoguerra messicana del secolo XXI.

25 ottobre 2007. A mezzo stampa i genitori di Florence, Charlotte e Bernard, lanciano un appello a Sarkozy che li riceve all’Eliseo e ascolta la loro storia. Dopo un’indagine dei servizi segreti francesi per conto del Presidente e previa (probabile) valutazione della convenienza politica e diplomatica del caso, Sarkozy decide di sostenere pienamente la causa della sua concittadina.

25 aprile 2008. Viene emesso il verdetto dal giudice di primo grado e Cassez è condannata a 96 anni di carcere per delinquenza organizzata, possesso e porto di armi d’uso esclusivo dell’esercito e quattro sequestri di persona (Raúl Ramírez, il figlio Christian, la moglie Cristina ed Ezequiel Elizalde: questi ultimi tre sono gli ostaggi liberati tra l’8 e il 9 dicembre). In Messico i verdetti si basano esclusivamente sulla lettura dei fascicoli e su una decisione in solitudine da parte del giudice che può anche non incontrare e vedere mai gli imputati e i testimoni.