Gli immigrati dimenticati

Falerna : il villaggio dei dannati

Viaggio nel residence degli ulivi a Falerna in provincia di catanzaro dove 250 immigrati attendono una soluzione

31 / 5 / 2014

La salita verso il villaggio fantasma, dalla ss 18 che attraversa Falerna, è dentro una giungla di cemento. Una serie di case a schiera destinate a turisti, villette con giardini non ripuliti pieni di sterpaglie, strade asfaltate che portano nel nulla. L’unica vita proviene dalla vicina linea ferroviaria da dove ogni tanto si sente l’urlo del treno che passa. Poi il silenzio è assoluto. Il villaggio denominato il “Residence degli Ulivi” è l’ultimo della strada asfaltata. Ci si accorge di essere arrivati al residence per un precario cancello di legno, chiuso con una grossa catena. Dentro il villaggio i superstiti dell’operazione umanitaria “nord Africa”. Circa 250 persone trasportate qui dopo essere sbarcati a Lampedusa. Un’operazione umanitaria aperta ufficialmente nell’aprile del 2011 a seguito delle “primavere arabe” e conclusa nel dicembre del 2013.  Tutta l’operazione coordinata dalla protezione civile è costata milioni di euro ancora complessivamente non quantificabili. Nel dicembre 2013 , quindi, tutti i centri, istituiti dalla protezione civile per l’accoglienza sono stati chiusi e le persone ospitate chi rispedita nel paese d’origine, chi trasferito con il permesso di soggiorno, chi svanito e reso clandestino dalla legge Bossi-Fini solo da poco abrogata.  Da tutto questo è venuto fuori che l’intera nostra nazione è diventata per questi profughi un’enorme prigione a cielo aperto , mentre per i cosiddetti “accoglienti” costituiti da associazioni e cooperative una bella barca di finanziamenti. Un rubinetto di soldi aperto dal governo Berlusconi che scatenò la corsa di associazioni e cooperative sociali, all’ottenimento degli appalti per gestire i profughi sistemandoli in vecchi e disusi alberghi, strutture varie e villaggi turistici come questo “Residence degli ulivi” a Falerna, essendo i CPA oramai strapieni .  Il ministro degli Interni il leghista Maroni, studiò questo sistema per organizzare al meglio i rientri piuttosto che a integrare i profughi. Il Consorzio “Calabria accoglie” è l’insieme di tre cooperative di volontariato ed onlus che gestì l’emergenza in Calabria. Fra le cose che avrebbero dovuto fare le cooperative di gestione, erano , corsi d’italiano, l’inserimento del profugo, le pratiche burocratiche per l’ottenimento dei diritti. Nessuno ha fatto questo lavoro. I profughi sono stati letteralmente gettati in queste strutture, diventate discariche umane, e lì lasciati. Lo stato dava alle cooperative per ogni profugo 46 euro e 80 euro per i minori , al giorno. Le cooperative provvedevano al vitto tramite dei catering e davano ad ogni profugo una tessera d’acquisto con 2 euro e cinquanta al giorno da spendere presso negozi convenzionati. Alla fine di ogni rapporto ogni profugo ha ottenuto una “liquidazione” di 500 euro, e un arrivederci e grazie. Questo è quanto. Cosa avrebbe dovuto farci un immigrato con 500 euro ? Aprirsi un’attività commerciale ? spostarsi in un’altra nazione ? oppure rientrare nel proprio paese in guerra? Molti hanno spedito quei soldi alle proprie famiglie in nord africa, altri hanno tentato di raggiungere parenti in Germania ed altri paesi europei dai quali sono stati regolarmente rispediti in Italia. Ma in questo villaggio di Falerna, è successo di più. Molto di più. Finita l’emergenza i profughi erano ancora tutti lì nel residence. Il consorzio “Calabria accoglie” se ne va , da un giorno all’altro e lascia tutti lì. Non consegna i locali al proprietario,  e non lo paga nemmeno e chi s’ è visto s’ è visto. Il proprietario, chiaramente e giustamente, fa causa al Consorzio ed ottiene dal Tribunale di Lametia Terme il congelamento dei beni del Consorzio “Calabria accoglie”. A detta dell’avvocato del proprietario sono una barca di soldi. Questa storia in definitiva potrebbe non riguardarci, quello che ci importa è la vita dei profughi all’interno del villaggio residence, ma invece, questa storia,  è basilare per capire come andrà a finire. Perché il proprietario per chiedere la riconsegna dei locali al Consorzio ha dovuto esporre la questione al Tribunale, il quale non ha distinto troppo fra responsabilità del consorzio , diritti del proprietario e diritti dei migranti portati lì dal Governo Berlusconi, e ne ha ordinato immediatamente la restituzione ordinando uno sgombero per il 27 maggio scorso. Se ci fosse stato lo sgombero dove sarebbero andate queste 250 persone ? La notizia che è circolata su alcuni quotidiani della Calabria e nei social network non ha suscitato grande interesse e la mattina del martedì davanti a quel cancello di legno, in attesa dell’ufficiale giudiziario c’erano solo una decina di persone legate al centro sociale Rialzo di Cosenza, all’associazione la Kasbah di Cosenza all’Arci di Lametia terme, al Comitato per le bonifiche di Praia. A chi vuoi che importi il destino di questi immigrati. Eppure questi immigrati da quando sono a Falerna ne hanno risollevato in un certo qual modo la micro economia. E sì, perché per campare questi “dannati” si sono dovuti dare da fare ed eccoli la mattina, in oltre 150 andare a cercare lavoro, per 25 euro al giorno fra i campi di cipolle, di patate, di piccoli orticelli,  di Falerna e Campora San Giovanni.  Quella bella cipolla rossa che arriva fresca sulle nostre tavole, è coltivata e raccolta da queste persone. Sappiamolo questo. L’ufficiale giudiziario, circondato da Digos e carabinieri di Lamezia ha quindi consegnato l’atto di restituzione dei locali ad alcuni ragazzi immigrati che erano lì e che avevano anche perso la giornata di lavoro. Un atto dovuto hanno detto, senza alcuna intenzione di sgomberare. Così come è stato un atto dovuto, secondo Digos e carabinieri, schedare tutto noi lì presenti con la richiesta di documenti e motivazione sulla nostra presenza. Ma la nostra presenza è servita anche a non spaventare queste persone e nel contempo anche a mitigare un po’ la situazione. Questi immigrati sono esasperati vorrebbero andarsene da lì. Vorrebbero raggiungere loro parenti nel resto d’Europa. Vorrebbero farsi una famiglia, richiamare la propria, avere una casa propria. Così com’era prima. Molti di  loro vivevano prima in Libia. Nella Libia di Gheddafi. Lì, a detta loro, stavano bene. Avevano un lavoro garantito con un ottimo stipendio, la possibilità di spostarsi a proprio piacimento e soprattutto mandavano un bel po’ di soldi alle loro famiglie in Africa. Poi la guerra contro Gheddafi, scatenata dagli occidentali, li ha espropriati di tutto. Anche dei pochi risparmi che tenevano in banca o in depositi postali. Hanno perso tutto e molti non hanno fatto neanche in tempo a ritornare nei loro paesi d’origine e quindi sono stati costretti ad attraversare il mediterraneo pur di salvarsi. E’ gente giustamente arrabbiata che a stento riesce a controllarsi. Due settimane fa hanno bloccato la ss 18. Il Comune di Falerna aveva tolto loro l’acqua. La notte l’Enel aveva staccato la fornitura di energia elettrica. La rivolta è scoppiata subito. Tutti a uscire dal “villaggio dei dannati” ed a raggiungere la ss 18 bloccando auto e camion. Un corteo in piena notte che ha svegliato tutti i falernesi e che per fortuna non è sfociato nella violenza come accadde a Rosarno. L’intervento della Caritas di Lamezia che ha mediato con il sindaco e l’Enel ha riportato tutto alla normalità.  Il giorno dopo avevano siano la luce che l’acqua. Ma si chiede il proprietario del villaggio, un domani chi pagherà questa fornitura ? Su chi si rivarrà l’Enel, se non su di lui ? E saranno bollette da capogiro. Intanto mentre digos, ufficiale giudiziario e carabinieri si occupano di verbali e  questioni burocratiche gli immigrati ci raccontano le loro storie e delle loro vite. Su tutti il paradosso calabrese. Tutti hanno ottenuto in questi anni, grazie alla Caritas di Lametia il permesso di soggiorno come profugo proveniente da paese in guerra, e la questura che ha rilasciato tale permesso ha messo come indirizzo proprio quello del Residence degli Ulivi, in un certo qual modo legittimando la loro presenza proprio in quel villaggio diventata ora la loro casa, l’unica loro casa. Alla fine dalla lunga mattinata, si è capito che non potevano essere sgomberati così in quattro e quattro otto. Che c’è bisogno di un piano, di un progetto. Lo stesso proprietario si è offerto a farli stare ancora un anno nella sua struttura a patto che un’associazione si prenda il compito di smistarli in altri luoghi, aiutandoli nell’integrazione. Una cosa certamente non facile e che comunque ha bisogno di altri finanziamenti che non sono previsti al momento. Se non ci saranno blitz notturni imprevisti, per la prossima ordinanza di sgombero ci vorrà il prossimo mese di ottobre, e di nuovo saremo tutti lì, mentre questi uomini continueranno a fare arrivare sulle nostre tavole le belle cipolle rosse, proprio a dispetto di chi crede che queste persone non siano utili alla nostra economia capitalista.

Falerna ( Cz)  27 maggio 2014 ore 10