Di detenzione amministrativa si muore

Progetto di inchiesta sui decessi nei CPT e nei CIE dal 1998 ad oggi

18 / 4 / 2015

E' stato ufficialmente pubblicato lo scorso martedì 14 aprile il progetto di inchiesta sui decessi nei CPT e nei CIE dal 1998 ad oggi denominato “Di detenzione amministrativa si muore”. Lanciato da Melting Pot Europa, che dal 1996, anno in cui è nato, si è attivamente occupato, grazie ad esperti, associazioni ed attivisti dei diritti umani, di migrazioni e diritti di cittadinanza, l'inchiesta parte da una certezza: fare luce su ogni singolo caso di morte avvenuto all'interno dei centri di detenzione per migranti. Così come scritto nell'articolo di presentazione, “il progetto non ha finalità giustizialiste, non si pone l’obiettivo di trovare una "giustizia legale", giuridica, o peggio, una giustizia meramente tribunalesca. Non ci si vuole sostituire alle Procure”; l'inchiesta piuttosto vuole conoscere fatti e circostanze dimenticate, lasciate morire a sé stesse, abbandonate, o peggio, mai conosciute.

Il nome dell'inchiesta non lascia dubbi: di detenzione amministrativa si muore. Sì, perché la detenzione amministrativa statale, oltre ad essere una lauta forma di guadagno per molti enti nascosti dietro intenzioni “umanitarie”, produce anche vittime che più di morire, vengono uccise. Così Amin Saber deceduto nel 1998 nel CPT di Pian del Lago a Caltanissetta, fino ad arrivare all'ultimo caso, quello di Reda Mohamed, egiziano di venticinque anni morto nel CIE di Bari il 7 febbraio 2015 in circostanze ancora tutte da chiarire. Ciò che è certo, è che nel caso di Reda Mohamed, stando a quanto riferiscono i medici, il 118 venne avvertito almeno un'ora dopo l'avvenuto decesso. Senza dimenticare Nabruka Mimuni, tunisina di 44 anni con marito e figlio in Italia, la quale decise che piuttosto che essere espulsa e rimandata nel suo Paese di origine senza più possibilità di tornare in Italia, era meglio decidere di farla finita, e così fu che nella notte tra il 6 e il 7 maggio del 2009 si impiccò nel bagno del CIE di Ponte Galeria a Roma; senza dimenticare la strage nel CPT di Serraino Vulpitta di Trapani, dove morirono sei migranti avvolti dalle fiamme di una stanza dove la polizia, pare per punizione, li rinchiuse e bloccò dall'esterno con una barra di ferro. E come loro, purtroppo, tante altre vittime sacrificali di un concetto esso stesso da abbattere: clandestinità. Perché come recita uno slogan divenuto ormai famosissimo: “nessuno è illegale!”.

Di detenzione amministrativa si muore vuole andare a ripercorrere ogni istante di questi avvenimenti, raccontarli, entrare nei meandri della burocrazia e spulciare tra i documenti di ogni caso. Un'inchiesta quindi che vuole informare, nella speranza che non si dimentichi i tanti che cercando rifugio e speranze, qualsiasi esse siano, lontano dai luoghi abbandonati, o momentaneamente salutati, hanno invece trovato la morte, la fine della loro esistenza. Ma oltre il loro corpo, ciò che risulta importante è non far perdere conoscenza delle loro storie.

Per fare questo, c’è la consapevolezza quindi della necessità di realizzare un percorso partecipato con tutti e tutte coloro che vogliono contribuire a ricostruire e raccontare ogni singolo caso.

Per maggiori informazioni sull'inchiesta, basta visitare il sito www.meltingpot.org, o raggiungerci su facebook www.facebook.com/didetenzioneamministrativasimuore o su twitter @InchiestaCIE.