elezioni comunali a Cosenza. La città rischia di scivolare a destra

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vecchie facce, antichi cognomi

Utente: tobbia
29 / 4 / 2011

“il manifesto” - 27.4.2011

Claudio Dionesalvi, Silvio Messinetti- Cosenza

È a un bivio, Cosenza. Dopo 40 anni rischia di svoltare a destra. E i berlusconiani della città bruzia si sfregano le mani: troppo ghiotta l'occasione. A questo giro possono veramente far saltare il banco. Merito del patto di ferro tra Peppe Scopelliti, presidente di Regione, e Franco Talarico, capoccia Udc in Calabria. E colpa, sopratutto, del suicidio tattico del centrosinistra. Sette candidati a sindaco, 33 liste e oltre mille candidati. A Cosenza c'è un candidato ogni 55 abitanti. La sfida è incertissima. Ai nastri di partenza il campo largo del centrosinistra si è fatto in tre. Il sindaco uscente, Salvatore Perugini (Pd) ne ha un pezzo: con lui oltre ai democratici anche socialisti e rutelliani. Ma non è un Pd unito quello che partecipa a questa tornata elettorale. Scorrendo, infatti, le liste dell'altro candidato, Enzo Paolini, ex rugbista, ras della sanità privata, che agli inizi dell'anno flirtava con la destra e oggi è appoggiato da Sel, Verdi, dipietristi e 5 civiche, troviamo ex assessori della giunta Perugini e il capogruppo Pd. La sinistra propone, invece, Alessandra La Valle, assessore uscente, sostenuta da FdS e da una civica. Il centrodestra si presenta pressochè unito sul nome di Mario Occhiuto, architetto e fratello dell'astro emergente Udc, il deputato Roberto Occhiuto. Una decina di formazioni sostengono la sua candidatura tra cui Pdl, Udc, la Destra. I finiani corrono in solitario e puntano su Sergio Nucci.
"La situazione cosentina- sottolinea Peppe Pierino, già deputato Pci e memoria storica della sinistra locale- dà la misura dello sbandamento del Pd, dell'assenza di direzione del partito. A Perugini è stata prima negata la stessa legittimazione a ricandidarsi per poi rimetterlo in gioco in extremis solo per disperazione. Hanno rotto il vaso ed ora cercano di raccogliere i cocci. C'è un vuoto politico enorme che nemmeno Sel e Fds riempiono. Le loro sono state critiche sterili, che non prospettavano una vera alternativa essendo rivolte solo a Perugini e non piuttosto al gruppo dirigente del Pd. Comunque la candidatura di Paolini raccoglie il malcontento e può approdare al ballottaggio anche se sui programmi non c'è tanta differenza. Sono due blocchi di potere che si affrontano, secondo logiche di schieramento e pochi contenuti. La candidata della sinistra è interessante ma troppo isolata. Il centrodestra è indubbiamente favorito dallo sconquasso nel fronte avverso e se tiene uniti i ranghi Cosenza è presa".
- L’epopea del vecchio “numero Uno” -
Bentornati a “Cosenza regressa”. Sui muri del centro storico, pochi anni fa, una bomboletta di vernice spray raccontava la città appena uscita dal decennio manciniano. Giacomo Mancini, il vecchio sindaco socialista, aveva da poco cessato di vivere. Per tante lune, tutto era dipeso dalla sua volontà. Si verificava un’emergenza rifiuti? Subito Cosenza si rendeva indipendente, effettuando la raccolta in proprio. Il centro urbano era collegato male all’università di Arcavacata? Mancini mandava gli autobus del trasporto locale al di là dei confini, sfidando la polizia municipale della vicina Rende. E poi faceva piovere dall’Unione Europea un sacco di soldi. Quando i finanziamenti tardavano ad arrivare, alzava la cornetta e sollecitava il presidente della Repubblica in persona: “ciao Aze’, chiri sordi quannu ni’ mannati?” (ciao Azeglio, quei soldi quando ce li mandate? ndr). Così formava cooperative sociali per dare lavoro a circa 500 persone, tra cui tanti ex detenuti. Ordinava la costruzione di villette residenziali per trasferirvi la comunità rom relegata da 50 anni nella baraccopoli sorta lungo il fiume. Insomma, un "sovrano illuminato". Paterno ma a tratti capriccioso e autoritario come il “numero Uno” nel fumetto del gruppo TNT, era capace di cogliere le spinte dal basso che in terra bruzia non sono mai mancate. Riusciva a tenere a bada persino la massoneria, la Chiesa, i partiti e la malavita. Abbagliata dall’autorevolezza del suo sindaco, per qualche anno Cosenza tornò a essere “l’Atene di Calabria”. Però divenne anche una città viziata. E perso lui, faticò a ritrovarsi. Ancora oggi nelle manifestazioni di protesta delle cooperative in precarietà perpetua, è frequente veder sfilare il volto incorniciato del vecchio sindaco, portato in trionfo come un martire islamico.
Dopo Mancini, da lui designata, venne il turno di Eva Catizone: passione civile, buona volontà e idee interessanti. Ma scarsa esperienza di strada e tanta incapacità nel mantenere in equilibrio i rapporti con i padrini della sua maggioranza, tornati prepotentemente alla ribalta. La giunta di “Evelina” durò poco, travolta dal gossip e azzannata dalle segreterie cittadine dei partiti di centro “sinistra”.
- Una città un po’ troppo… “normale” -
E nel 2006 Cosenza s’è risvegliata democristiana, con Perugini primo cittadino. Secondo un recente sondaggio de “Il Sole24Ore”, il 55 per cento degli intervistati lo rivoterebbe. Ma nei quartieri e nelle reti telematiche in tanti si chiedono se questo sindaco si sia mai insediato. Cosenza appare infatti davvero “regressa”: il centro storico è desertificato, i servizi sono carenti, le cooperative sempre sull’orlo della crisi, chiusa la Città dei Ragazzi, l’emergenza rifiuti s’impone a singhiozzo, la raccolta differenziata è stata finanziata ma mai avviata, si avverte l’assenza di politiche culturali. Peraltro alcuni spazi pubblici sono stati privatizzati, e il comune latita su questioni delicate come quella relativa all’ultimo campo rom. Inoltre, in linea con una tradizione secolare, campo libero ai palazzinari e guai a chi tocca le concessioni. L’area urbana cosentina è la più aggredita in Calabria dalla cementificazione selvaggia. Negli ultimi anni il dibattito politico si è concentrato – guarda caso – sulla costruzione del nuovo ospedale e sui progetti di realizzare un comune unico con la vicina Rende. Gira e rigira lo sviluppo urbano rimane subordinato soprattutto alla prospettiva di aprire altri cantieri. Come dire: senza il mattone, il nulla. Parlano chiaro gli studi di Alberto Ziparo, docente di Pianificazione Territoriale e delle Infrastrutture presso l'Università di Firenze: “Il censimento 2001 già dava nella sola Cosenza oltre 8000 vani vuoti e censiti, cui va aggiunto almeno un 20% di non rilevato. Si attende il dato 2011, ma il censimento è in ritardo. Per l'area metropolitana cosentina ("Cosangeles") si va verso i 45 milioni di Mc con un patrimonio più che doppio rispetto al top di domanda possibile”.
Sanità ed edilizia sono le fonti principali di ricchezza per i locali gruppi di potere. C’è una campagna elettorale parallela. Chi vuole vincere, deve garantire che le gru continuino a operare. Non è solo una questione di economia. A Cosenza, chi tocca il cemento, muore. È passato già un bel po’ dall’ultima guerra di mafia, combattuta in città all’inizio del decennio scorso per l’accaparramento delle cabine di regia nell’edilizia. Peccato che dalle aule del tribunale locale non sia uscito un solo colpevole per quei morti ammazzati. Da queste parti il vento di Pignatone e Gratteri non è mai arrivato. La campagna antimafia dei giudici reggini non ha echi nella valle del Crati. Qui la borghesia mafiosa è talmente avvolgente da tramutarsi in habitat, come la pancia del pescecane nella fiaba di Pinocchio. Delio Di Blasi, coordinatore de “la CGIL che vogliamo”, ricorda che “la Commissione Antimafia descrive una mafia imprenditrice solida, ricca che truffa, ricicla ed investe. Alla fine del 2007, la DNA denunciava la concentrazione della ricchezza calabrese in capo a tre o quattro società, tutte domiciliate presso un unico indirizzo di Cosenza, titolari di 50 mila conti correnti, 2700 appartamenti e 2000 terreni, con depositi per 10 mila milioni di euro e 171 milioni di euro in titoli”.
Sono in pochi a sfidare la speculazione edilizia. Nell’area occupata del vecchio rilevato ferroviario, le associazioni in lotta per i beni comuni e i diritti dei migranti, costruiscono da anni un parco sociale. L’amministrazione Perugini ha già annunciato che abbatterà tutto per far posto a un mega-auditorium. Tra i movimenti che lanciano la battaglia in difesa dell’ultima zona libera dall’ennesima colata di cemento, c’è il comitato Prendocasa che di recente ha occupato un palazzo di proprietà Aterp nel centro storico. Ferdinando Gentile è uno degli attivisti più impegnati. In poche battute fotografa l’emergenza-casa, che a Cosenza è drammatica: “nell’ultimo bando per le case popolari, risalente al 2005, sono state presentate 1780 domande. Ma nessuno degli aventi diritto ha ottenuto la casa a fronte di palazzi ristrutturati, lasciati vuoti o affidati all’università”. La graduatoria pubblicata nell’agosto scorso recitava testualmente: “l’Aterp non ha immobili per soddisfare le richieste”.
- Vecchi problemi, nuove facce, antichi cognomi -
Ai disagi dei senzacasa si unisce, qui come altrove, un’allarmante condizione di precarietà diffusa, destinata a pesare sull’esito delle prossime amministrative. Spesso è proprio lo stato di necessità a spingere tanti avventurieri a entrare in una lista. Voglia di partecipare, ma anche tanta disperazione. “A Cosenza il reddito medio è pari a poco più di 17 mila euro annui, contro i 27 mila euro di Bergamo. Si registra oggi - spiega Giuseppe Tiano, segretario provinciale Cgil Filctem - un tasso di disoccupazione reale che supera il 25%, una significativa contrazione del reddito disponibile e dei consumi. Le ore di Cigs sono aumentate nel 2010 del 895% rispetto al 2009, quelle di Cig addirittura del 3845%. Nel nostro territorio si rischia l’azzeramento del già fragile apparato produttivo”. Tiano ricorda che quasi il 60% delle aziende soggette ad ispezione risulta irregolare e, tra le province italiane, Cosenza occupa il terzo posto in quanto a diffusione di attività sommerse. “A ciò - prosegue Tiano - si somma il fatto che, per i comuni della cosiddetta area urbana, già nel biennio 2011-2012, è previsto un taglio nei trasferimenti dello Stato pari a circa 26 milioni di euro; mentre la giunta regionale, al netto della propaganda, impone un piano di rientro dal deficit sanitario che nega il diritto alla salute e scarica tutti i costi del risanamento sulla sanità pubblica, sui lavoratori dipendenti e sui pensionati”.
In questo contesto, è quasi naturale che tra i candidati, in tanti guardino con appetito smisurato a un posto di consigliere comunale. Basta avere alle spalle una tribù numerosa, scommettere sulla giusta famiglia della politica, scegliere la lista ispirata dal gruppo vincente. Bisogna decidere se accodarsi ai Covello, Morrone, Adamo, Gentile e oggi anche Occhiuto. Sono loro a orientare la fetta più consistente dei voti. Quest’anno si rinnova “la tradizione nel cambiamento”. Tra le famiglie importanti, alcune schierano direttamente la propria discendenza in lista. I rampolli erediteranno ruoli di vertice nella gestione della cosa pubblica. E anche in quella privata! Cosenza si prepara all’ennesima stagione di “magnifiche” successioni dinastiche.