A proposito di capitalismo

17 / 11 / 2012

Chi si illude che quello che sta accadendo sia l'inizio della fine del capitalismo non fa altro che questo, illudersi, appunto.

Quello che sta accadendo, le fabbriche che chiudono, l'Ilva di Taranto, il Sulcis, la Campania, la mafia al governo, sono soltanto scosse di assestamento del regime per l'attacco finale, quello militare, quello che gli garantirà la stabilità necessaria per poter consolidare il controllo, tutt'altro che i colpi di coda di un sistema morente, come qualcuno ha scritto ultimamente.

Questo primo trentennio è servito ai padroni della terra per indebolire le popolazioni, e con esse di conseguenza ogni focolaio di ribellione o di libero pensiero, ogni seppur pallida intenzione di resistere al sistema delle cose.

Hanno cominciato avvelenando terre e acque, fonti prime di sopravvivenza fisica, assicurandosene comunque il pieno controllo, un po' come l'ingresso degli aiuti in Palestina.

Poi son passati a sterminare ogni germoglio di libero pensiero alla radice, perchè sono le giovani generazioni a garantire il controllo anche per il futuro.

A quelle e quelli della mia età hanno ucciso ogni possibilità, di involuzione come di evoluzione, stiamo sospese e sospesi in un limbo, nelle mani mille mestieri, davanti la prospettiva migliore è quella di campare alla giornata.

Negli anni ci hanno tolto anche i sogni, centri commerciali contro cinema, hanno vinto due a zero a tavolino, neanche parlarne vale la pena.

Dopo la cultura c'hanno tolto anche il lavoro, inteso come base solida su cui progettare un futuro degno.

La storia della Social Card di Tremontiana memoria, roba da file di otto ore per una settimana, per ricevere un elemosina di quaranta euro al mese, ci racconta di una popolazione disposta a mettersi la dignità sotto le scarpe pur di continuare a respirare.

In tutto questo, negli anni contemporaneamente hanno tessuto la rete di potere temporale in seno alle istituzioni.

Presidenze della Repubblica, parlamenti nazionali, sistemi d'informazione, ovunque han piazzato grandi feudatari a fare i cani da guardia e amministrare.

E così l'Ilva di Taranto continua ad assassinare popolazioni intere decimate da cancro e malattie respiratorie

E così gli omicidi sul lavoro sono più pesanti della guerra in Afghanistan.

E così Mario monti, e la Fornero, e i Sindacati, e tutto il circo appresso.

E così le alluvioni.

E i terremoti.

E i morti seppelliti sotto fango e pezzi di legno.

E così, e così, e così...

Non si tratta di colpi di coda di un sistema morente, ma di mazzate d'assestamento di un regime che si appresta a prendere in mano il controllo militare.

Come si fa, ad esempio, a non accorgersi che a Roma da un po' di tempo in qua ci sono blindati parcheggiati ovunque più o meno in pianta stabile?

Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza, Esercito, Municipale, stiamo vivendo in una città militarizzata.

Come si può non tener conto che da Genova 2001 in poi tutto il resto sono state prove tecniche di repressione, stoccate tirate per lo più per testare la resistenza di chi si oppone?

Gli attacchi a freddo della polizia di regime agli studenti di questi giorni sono il chiaro segno che la fase dell'attacco militare è iniziato partendo dalla radice, dalla generazione che potrebbe essere in grado, un giorno, di far saltare il tavolo e tutti i giocatori.

Con gli studenti non si parla più soltanto, di cariche e manganellate, ma di una squadra di tiratori che accede al Ministero di Giustizia e dalle finestre spara gas lacrimogeni CS, vietati in guerra dalla Convenzione di Ginevra, con lo scopo di terrorizzare i ragazzi e convogliarli nelle sacche di pestaggio disegnate a tavolino dai responsabili della sicurezza.

Qui si parla di roba pesante.

Fermiamoli.

Prima che sia troppo tardi.