13 Febbraio - Una domenica in piazza

Utente: gastrika
12 / 2 / 2011

Domenica vado in piazza e non perchè sono italiana: al di là del fatto che qualsiasi riferimento nazionalista mi provoca un'orticaria, in piazza vorrei andarci anche con le donne migranti, dato che è sotto gli occhi di tutt* che ci sono in questo paese almeno 2 generazioni di donne non italiane che pagano insieme a me - e forse più di me – il prezzo del patriarcato da cui la nostra società non si è ancora affrancata.

Domenica vado in piazza e non perchè sono figlia o c'è la (remota) possibilità che io diventi anche moglie e madre: ci vado con tutta l'inclassificabilità del mio essere soggetto pensante e desiderante.

Domenica mi trovi in piazza ma non a difendere la mia dignità o quella del genere a cui (fortunatamente) appartengo: trovo paradossale l'idea che siano le donne a dover dar conto della propria dignità quando è il pensiero ed il sistema di potere machista ad essersi rivelato spettacolarmente in tutta la sua medievale miseria.

Domenica ho scelto di andare in piazza e non perchè sono una donna per bene: semmai, ci vado a negare la divisione tra sante e puttane con tutto il fastidio che mi provoca l'idea che dopo decenni di femminismo si cada ancora in questo binomio di categorie del pensiero maschile – e che siano proprio le donne nei partiti a fare di questi imbarazzanti scivoloni.

Domenica sono in piazza insieme ad altre donne perchè ho legittimamente intenzione di asserire pubblicamente tuttto il mio essere altra da quello che un pensiero che non mi appartiene vorrebbe che io fossi: ci vado con l'irriducibilità del mio corpo, con la mia consapevolezza queer, con i miei desideri, con il mio essere eretica, con la fermissima intenzione di rivendicare ed ottenere quello che voglio – ed io V O G L I O T U T T O. 

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